Negli ultimi mesi sia l’Europa che gli USA hanno visto importanti sviluppi riguardo inflazione e tassi di interesse.
In Europa l’inflazione è calata al 3% nel 2024 dopo aver raggiunto il picco dell’8,4% nel 2022.
Un calo influenzato da una riduzione dei prezzi dell’energia e degli alimenti nonché dagli effetti delle politiche monetarie restrittive adottate dalla Banca Centrale Europea (BCE) negli ultimi anni.
La BCE ha mantenuto i tassi di interesse invariati nella sua ultima riunione con una prospettiva di possibili tagli nel corso del 2024.
La decisione di mantenere i tassi di interesse invariati è stata presa alla luce delle recenti indicazioni di un rallentamento dell’inflazione core e della necessità di sostenere un’economia che mostra segnali di debolezza.
Negli USA la Federal Reserve (Fed) ha lasciato i tassi di interesse invariati nella fascia tra il 5,25% e il 5,50%, il livello più alto degli ultimi 22 anni.
Tuttavia prevede di iniziare a ridurre i tassi di interesse nel 2024 con un taglio di 75 punti base in risposta ad un’economia che mostra segni di rallentamento.
L’inflazione negli USA è prevista al 2,4% entro la fine del 2024, riflettendo un andamento simile a quello europeo ma con una maggiore rapidità di riallineamento rispetto agli obiettivi di inflazione.
Le decisioni delle due principali banche centrali riflettono una risposta congiunta alle dinamiche economiche globali con l’obiettivo di bilanciare la lotta all’inflazione ed il sostegno alla crescita economica.
Mentre la BCE si mostra cautamente ottimista riguardo all’andamento dell’inflazione, la Fed prevede un moderato rallentamento economico che giustifica i futuri tagli dei tassi di interesse.
Questi sviluppi avranno impatti significativi sia sui mercati finanziari che sui mutui offrendo un respiro per i mutuatari grazie alla riduzione dei tassi di interesse oltre che segnalando un periodo di crescita economica moderata ed inflazione contenuta.
Ma la domanda fondamentale per chi pianifica l’investimento del proprio o dell’altrui denaro è sempre la stessa: quanto conta nel lungo periodo questa decisione?
Dopo circa 25 anni ci ritroviamo nuovamente in una condizione di mercato in cui detenere una quota di obbligazioni nel proprio portafoglio è vantaggioso.
Ma la domanda a questo punto è quali titoli avere in portafoglio e soprattutto con quali scadenze?
A queste domande è necessario dedicare un ulteriore approfondimento in base alle esigenze di ciascun investitore pur considerando l’ottimismo della BCE circa il prossimo andamento dell’inflazione e gli imminenti e giustificati tagli dei tassi di interesse da parte della Fed.
2 Comments
Ervino Vlach
Buongiorno.
Ho letto con interesse il suo articolo che, pur in maniera schematica ma comunque chiara, fornisce interessanti spunti di riflessione.
Mi riferisco in particolare alla sua valutazione a proposito della convenienza, dopo molto tempo, a detenere obbligazioni.
In merito a questa sua opinione sarebbe di mio interesse sapere in quale misura rispetto al portafoglio complessivo anche magari alla luce di una scelta giustamente cautelativa.
Mi rendo conto che, non essendo assolutamente al corrente circa le mie precedenti scelte a livello di investimenti, la sua risposta non potrà che essere forzatamente generica ma in ogni caso apprezzerei ugualmente la sua risposta.
Grazie dell’attenzione.
Distinti saluti.
Ervino Vlach
enrico
La ringrazio per la Sua domanda, che mi permette di approfondire un argomento ancora più importante.
Prima di formulare un’adeguata proposta di investimento, oltre ad inquadrare il contesto di mercato, occorre individuare il corretto profilo di rischio dell’investitore.
Ciò avviene attraverso la profilatura dei clienti come disposto dalla normativa conosciuta come MIFID 2.
Dalle parole utilizzate nel Suo commento percepisco ed ipotizzo che si tratti di una profilatura conservativa e “cautelativa” come da Lei indicato.
A prescindere da quanto effettivamente il mercato del credito sia meno rischioso in relazione all’equity, osservando il mercato delle obbligazioni si può notare come negli ultimi 12/18 mesi si siano create le condizioni per poter costruire dei portafogli con una duration significativamente corta (4,27 anni) e un “Yield to Maturity” interessante (circa 5% medio annuo lordo).
Ciò significherebbe neutralizzare una importante parte di perdita di valore che il nostro patrimonio subisce nel tempo a causa dell’inflazione.
Quindi, per tornare alla Sua preziosa domanda, a condizioni attuali e con la prospettiva di un futuro non troppo lontano di tassi in calo (e quindi di un innalzamento delle quotazioni del mercato obbligazionario) la percentuale di obbligazionario che si potrebbe inserire nel portafoglio è sicuramente superiore al 55%, sempre a patto che si tratti di una componente opportunamente diversificata ed accompagnata da una corretta quota di cash (per affrontare le necessità e gli imprevisti) ed una di equity, a tutela della difesa del potere d’acquisto nel lungo periodo.